Differenza tra cambi automatici a convertitore di coppia, CVT e a doppia frizione

Ho deciso di scrivere questo articolo in quanto troppo spesso noto che esiste una gran confusione quando si parla di cambi automatici, soprattutto oggi che le soluzioni principali sono tre e tutte molto differenti. Sento spesso anche persone disprezzare il cambio automatico quando magari hanno provato soltanto un vecchio cambio a convertitore di coppia e non i più recenti robotizzati doppia frizione. Ma procediamo con ordine.

Spaccato di un cambio a doppia frizione PDK utilizzato da Porsche. Questa tipologia di cambio verrà trattata per ultima in questo articolo.

CONVERTITORE DI COPPIA

La prima tipologia di cambio automatico di cui voglio parlarvi è anche la prima che è stata introdotta nel mondo dell’automobilismo, ovvero quella che si basa sul convertitore di coppia.
Partiamo quindi dalla spiegazione di questo fondamentale elemento che compone la trasmissione.

Spaccato di un convertitore di coppia.

Il convertitore di coppia è un’evoluzione del giunto idraulico ed è un dispositivo idraulico utilizzato negli autoveicoli con cambio automatico per disaccoppiare il motore dal cambio.

Nelle automobili la sua funzione è anche quella di permettere al motore di rimanere in moto quando il veicolo si ferma. La coppia trasferita dal convertitore è massima a regimi di rotazione medio-alti, mentre diminuisce notevolmente a bassi regimi. Quando il motore è al minimo e il veicolo sta per fermarsi, il dispositivo non trasferisce quasi più coppia, e realizza in pratica la separazione tra le parti, in modo che il motore non si arresti. In un veicolo a cambio manuale lo stesso compito è svolto dalla frizione, con l’intervento però del guidatore. Il convertitore di coppia funziona invece in maniera completamente automatica.

Costruzione e funzionamento

Il convertitore di coppia è costituito da una camera di forma toroidale, costituita da tre elementi:

  • Una pompa (o impulsore) centrifuga connessa all’albero motore, che conferisce al flusso di fluido in essa contenuta la spinta necessaria al movimento;
  • Una turbina, solidale alla parte condotta, raccoglie il flusso del fluido e ne riceve la spinta che trasmette al cambio;
  • lo statore o reattore (elemento assente nel giunto idraulico), montato su una ruota libera che gli impedisce di ruotare in senso opposto a quello della pompa e che serve a modificare la direzione del flusso di fluido proveniente dalla turbina prima che esso ritorni nell’impulsore. Questo terzo elemento permette al convertitore di avere, allo spunto, una coppia di uscita alla turbina superiore alla coppia di entrata all’impulsore.
Schema delle parti costituenti un convertitore di coppia ovvero pompa, statore e turbina.

Queste parti sono tutte provviste di palettature curve e affacciate tra loro, ma non in contatto, e la camera è riempita con un fluido (solitamente un olio poco viscoso, o comunque un liquido con caratteristiche idonee alla protezione dei materiali dalla corrosione).

La pompa è essenzialmente una ruota dotata di palette disposte radialmente che ruotando spinge il fluido verso l’esterno per effetto della forza centrifuga. Il liquido acquista anche un momento angolare. La turbina è similmente costituita da una ruota a palette. Il liquido spostato verso l’esterno del dispositivo dalla pompa è costretto a rientrare verso il centro attraverso le pale della turbina, trascinandola in rotazione. Una volta ritornato al centro, il fluido è di nuovo espulso dalla turbina completando il ciclo.

Schema del moto del liquido all’interno di un convertitore di coppia.

Anche con la sezione turbina ferma, il movimento a spirale del fluido produce un momento torcente in uscita. La coppia uscente può anche essere superiore a quella di entrata, da cui il nome del dispositivo: una bassa coppia ad alta velocità angolare viene convertita in una coppia elevata a bassa velocità.

Peculiarità e accorgimenti

Quando l’albero di ingresso ruota a bassa velocità, il dispositivo diventa poco efficiente (si dice che è in stallo), e solo una parte della coppia in entrata è presente in uscita. Questo comportamento permette di sostituire la frizione con il convertitore di coppia, ma con un’importante differenza. A motore spento infatti non viene trasferita alcuna coppia dalle ruote verso il motore, e viene a mancare l’effetto di blocco che normalmente si ha in un veicolo con cambio manuale e frizione. Per questo motivo nei veicoli con cambio automatico è prevista una apposita funzione di parking che blocca meccanicamente la trasmissione.

Il convertitore di coppia, per sua stessa natura presenta uno slittamento, che provoca una perdita di energia sotto forma di calore disperso dal fluido. Per aumentare l’efficienza energetica, i moderni convertitori integrano un sistema a frizione che unisce meccanicamente pompa e turbina quando il computer di bordo rileva una velocità di crociera uniforme. Questo procedimento detto “lock up” ha la funzione inoltre, nel momento del rilascio del pedale acceleratore, di poter avere un’azione frenante da parte del motore, come accade nelle trasmissioni manuali.
Questi dispositivi sono detti convertitori di coppia bloccabili (in inglese locking torque converter).

Di seguito un video esplicativo che, tramite animazioni 3D, vi chiarirà il funzionamento di un convertitore di coppia. Il video è in inglese ma di facile comprensione:

CAMBIO A VARIAZIONE CONTINUA O CVT

Il cambio continuo o variatore continuo (o CVT dall’inglese continuously variable transmission, trasmissione a variazione continua appunto) è un tipo di cambio automatico per autoveicoli in cui il rapporto di trasmissione può variare senza soluzione di continuità tra due valori limite. Per queste sue caratteristiche di funzionamento è paragonabile al Variomatic per scooter, anche se il cambio continuo è più sofisticato, soprattutto per i modelli più recenti a controllo elettronico.

Cambio a variazione continua Super CVT-i della Toyota.

Il cambio continuo permette al motore di funzionare ad un regime di giri al minuto ottimale per ogni situazione, questo comporta una maggiore economia nei consumi.

Nel guidare un veicolo con cambio continuo non si hanno a disposizione le 4-7 marce tradizionali, ma un numero infinito di rapporti e l’esperienza di guida è completamente differente. Il funzionamento del motore a regime costante consente anche di arrecare minori stress sul motore. In accelerazione da fermo o da bassi regimi, si può però avvertire una sensazione di slittamento.

Esistono diverse tipologie di cambi continui, ma qui per ora tratteremo solo quello più diffuso in ambito automobilistico, ovvero quello a puleggia.

CVT a puleggia

Questo tipo di cambio utilizza pulegge collegate da una cinghia in gomma rivestita di acciaio, oppure una catena. Le pulegge sono costituite da due coni affacciati per la base minore; avvicinando o allontanando tali coni si varia il diametro apparente su cui si avvolge la cinghia, costringendola a salire o a scendere: in questo modo si varia il rapporto di trasmissione. Nel caso della catena, invece, le ruote sono dentate.

Animazione del funzionamento di un cambio CVT a puleggia e della variazione continua del rapporto di trasmissione.

Una caratteristica della cinghia metallica impiegata su tali cambi è quella di essere estremamente flessibile, per permettere raggi di avvolgimento molto bassi ed ampliare la gamma dei rapporti di trasmissione. La flessibilità viene ottenuta attraverso l’impiego di 10 anelli di acciaio concentrici molto sottili. Su questo nastro così ottenuto sono montati i tasselli di spinta (il corpo a contatto con le facce delle pulegge) che hanno così un grado di libertà rispetto al nastro che svolge la funzione di trattenimento.

Cinghia metallica di un cambio CVT.

Vantaggi e svantaggi

Rispetto al cambio automatico idraulico, il cambio continuo è più semplice da costruire e mantenere ed offre un migliore rendimento energetico eliminando il convertitore di coppia. La massima coppia trasferibile è però limitata dall’attrito tra le parti e dalla resistenza della cinghia o catena; per questo i cambi continui sono in genere usati su veicoli di bassa potenza ed altri mezzi di lavoro leggeri.

Particolare delle due pulegge e della cinghia metallica di un cambio CVT.

Il cambio continuo compensa progressivamente le variazioni di velocità del veicolo facendo lavorare il motore sempre al suo regime di coppia massima. Ciò aumenta la resa energetica e riduce le emissioni inquinanti, rende la guida più confortevole ma rende il suono del motore costante e privo di risposta sonora. Il software di controllo può essere studiato in modo da emulare un cambio automatico tradizionale, con tanto di paddle al volante ed una serie di rapporti simulati.

Di seguito un video esplicativo che, tramite animazioni 3D, vi chiarirà il funzionamento di un cambio CVT a puleggia. Il video è in inglese ma di facile comprensione:

CAMBIO A DOPPIA FRIZIONE

Passiamo ora a quello che è sicuramente il più sportivo e che si posiziona nella fascia più alta dei tre per quanto riguarda le prestazioni, ovvero il cambio a doppia frizione.

Sezione di un cambio a doppia frizione

Con cambio a doppia frizione s’intende un particolare tipo di cambio che si posiziona tra il semi-automatico ed il cambio manuale automatizzato, ed è caratterizzato dall’utilizzo di due frizioni separate, una per il set di ingranaggi pari e l’altra per gli ingranaggi dispari.

Schema di un cambio a doppia frizione. Notare le due frizioni, i due alberi ed i due set di ingranaggi, quelli pari e quelli dispari.

Si tratta di un cambio in cui sono presenti due alberi collegati a due frizioni a loro volta collegate all’albero di trasmissione. Su un albero si trovano i rapporti dispari mentre sul secondo i rapporti pari: ciò che accade è una contemporanea rotazione degli alberi interni, tuttavia solo uno dei due, grazie ad una frizione, trasferisce il moto all’albero di trasmissione. Nel frattempo, l’altro albero continua a ruotare ed ha così “già pronto” il rapporto successivo. Il vantaggio consiste in una notevole velocità di cambiata.

Schema di un cambio doppia frizione.

Il cambio a doppia frizione può essere considerato un cambio manuale robotizzato, ovvero un dispositivo in cui azionamenti manuali sono sostituiti da azionamenti automatizzati e controllati da una centralina preposta a tale scopo. Questo dispositivo è quindi completamente diverso dai due visti in precedenza.

Schema del cambio a doppia frizione TCT adottato da Alfa Romeo

Solitamente le auto equipaggiate con tale trasmissione presentano la possibilità di selezionare tra diverse modalità di guida quali comfort o eco, normal, sport, sport plus, race, track etc etc… Queste impostazioni vanno ad agire direttamente sulla velocità della cambiata, sul regime a cui la cambiata avviene, sulla sensibilità dell’acceleratore ed anche su di una serie di altri parametri che però non riguardano questo articolo quali sensibilità dello sterzo, rigidità delle sospensioni, altezza da terra etc etc… Ciò permette di avere una vettura dal duplice comportamento: tranquilla e confortevole quando si guida nel traffico cittadino o in autostrada a velocità costante, per poi trasformarsi in ruggente e scattante quando ci si vuole divertire in pista ad esempio. Inoltre praticamente tutte le autovetture dotate di questo tipo di cambio presentano anche una modalità manuale, che permette quindi al guidatore di selezionare la marcia desiderata, solitamente in un range di 6 o 7 rapporti, tramite paddle al volante o direttamente dalla leva del cambio spingendo nella direzione “+” o “-“.

Interni di una Porsche 911 991 Turbo S dotata di cambio doppia frizione PDK. Da notare i paddle al volante per la selezione dei rapporti, nonché il selettore delle modalità di guida, e la possibilità di selezionare i rapporti manualmente anche spingendo avanti o indietro la leva del cambio.

Facciamo ora una carrellata delle diverse denominazioni che le varie case costruttrici hanno dato ai loro sistemi di trasmissione a doppia frizione nel corso del tempo:

Per il gruppo Volkswagen abbiamo:

Porsche: PDK (acronimo di Porsche Doppelkupplung, trasmissione a doppia frizione appunto)
Audi: S-Tronic (chiama invece Multi-Tronic il suo cambio CVT, e Tip-Tronic il suo cambio a convertitore di coppia)
Volkswagen: DSG
Skoda: DSG
Seat: DSG
Lamborghini: LDF (acronimo di Lamborghini Doppia Frizione)
Bugatti: –
Bentley: –

Mentre per gli altri marchi:

BMW: DKG
Mercedes: 7G-DCT (acronimo di 7 Gear – Dual Clutch Transmission)
Ferrari: Doppia Frizione
McLaren: –
Aston Martin: –
Nissan: DualTronic
Opel: –
Alfa Romeo: Alfa TCT (acronimo di Alfa Twin Clutch Transmission)
Renault: EDC
Peugeot: –
Citroen: –
Ford: Powershift

Come ho fatto fin’ora, anche per quest’ultima tipologia di cambio vi lascio una serie di video esplicativi che vi chiariranno il funzionamento del cambio a doppia frizione.

Il primo è in italiano e spiega il funzionamento del cambio a doppia frizione 7G-DCT di Mercedes:

Anche il secondo video è in italiano e spiega in maniera molto simile il funzionamento del cambio a doppia frizione TCT utilizzato da Alfa Romeo:

Ora un video in inglese che spiega in maniera generica il funzionamento di questa tipologia di cambio:

E per finire un ultimo video in inglese che analizza nel dettaglio il funzionamento del cambio a doppia frizione DSG, utilizzato dalla quasi totalità dei marchi del gruppo Volkswagen:

Sperando che l’articolo vi sia piaciuto, vi invito a commentare per qualsiasi domanda, chiarimento o richiesta, e vi lascio i miei contatti!

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Vi do appuntamento al prossimo post,

Stay tuned! 🙂

9 Risposte a “Differenza tra cambi automatici a convertitore di coppia, CVT e a doppia frizione”

  1. Ciao, complimenti, molto ben fatto!Ho solo una curiosità: nelle cambiate coi doppia frizione si sente un piccolo scoppio che su alcune è molto accentuato, tanto da venire chiamato simpaticamente "pernacchia"!Nelle auto da rally col sequenziale (sia turbo che aspirate, anche se non hanno doppia frizione) lo scoppiettio è dovuto al cut-off che per pochi millesimi di secondo stacca la corrente alle candele tra un cambio marcia e l'altro, succede così anche sui doppia frizione? Grazie

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